mercoledì 1 febbraio 2012

L'incontro con Poli

Mi torna in mente quella ragazza poco più che sconosciuta, che ieri sera, al momento di salutare, ho baciato sulla guancia e mi ha detto "che barba ispida che hai".
Io le ho detto che la barba è così, che TUTTA la barba è così. Le ho detto scherzando che forse lei era abituata a barbe vecchie, a barbe finte. "Forse tu pensi alla barba come a quella di Babbo Natale", le ho detto, "ma quella non è barba, quella è tipo zucchero filato".

Dolce quel cane. Quel Poli che se ne stava zitto sotto il tavolo, tra le gambe di noi che banchettavamo a portate di pasta col pesto, e cous cous, e verdure grigliate, e salame molto speziato. Io che accompagnavo un po 'di questo e un po' di quello col primo "Spritz" della mia vita, seguito a ruota da una Weiss, ripiego di un'altra birra più buona di cui non ricordo il nome, ma che mi sarebbe stata servita in un bicchiere meno capiente. Come a dire la "quantità più della qualità", politica che mi ha sempre trovato contrario, ma che quando hai fame o quando hai sete - di qualunque cosa - sa improvvisarsi dictat inopponibile, sorprendendoti quando hai la guardia abbassata durante un pomeriggio in cui muori di noia e non sai nemmeno più chi sei o cosa vuoi. Pensavo tutte quelle cose. O meglio, una parte di me le pensava, mentre l'altra si abbuffava come un lupo digiuno da mesi su una sanguinolenta carcassa.

Ma Poli che ne poteva sapere, di queste cose? Quel cane con un occhio solo ha preso a fare capolino da sotto al tavolo, in mezzo alle mie gambe. Il suo muso sulla coscia, il suo sguardo dritto nei miei occhi. Morbido, come cioccolata alla gianduia. In quel momento avrei voluto spazzare via i piatti, i bicchieri, le Weiss, gli Spritz, le persone, la serata tutta e ritrovarmi da solo con lui. Avrei voluto che Poli fosse mio.

È durato un attimo, ma è stato un attimo di quelli che poi finisci a scrivere da qualche parte, magari su un blog, per non perderlo più.

Diverse parole e risate dopo, Poli se n'è andato coi suoi padroni, e io, dopo aver salutato anche loro, sono sparito via nella pioggia. Senza più pensarci. Senza più pensare al suo unico occhio e al suo sguardo morbido come cioccolata. Senza più pensare al suo morbidissimo pelo bianco. Sul tram, da solo in mezzo alle luci intermittenti e al rumore delle rotaie. Solo con me stesso. Solo con la mia barba. Più ispida che mai.

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