Trovare un doppio spazio alle 2 di notte su un cartello di informazione  turistica vuol dire che è arrivato il momento delle deformazioni  professionali, ma soprattutto che la resistenza alla combinazione  Ceres-Tennents è aumentata. C'è da porre rimedio, subito.
"Il  vagabondo delle stelle" mi mette di fronte la storia di un uomo che in  carcere ha appreso l'arte di allontanare il suo spirito dai dolori e  dalla prigionia del corpo.
Imparare questa tecnica entra di prepotenza nella lista delle cose da fare.
Il  mio io "noto a tutti" comincia lentamente a diventare più simile a  quello vero, in virtù di candide rivelazioni che mi pesa sempre meno  produrre, e mi accorgo di essere ogni giorno un filo più simile a chi  vorrei essere. In fondo s'intravede un chiarore – penso mentre guardo  allo specchio la prodigiosa crescita dei capelli tagliati neppure tre  giorni fa. Ma poi mi viene in mente la storia di Orfeo e capisco che c'è  ancora molto da fare, da stringere i denti e soprattutto da non  voltarsi prima del tempo, che altrimenti non rivedrò mai più la mia  ombra.
E poi arriva quella sera che finisci a bere birra sotto la  luna tiranna, che ha spazzato le stelle via dal cielo. Ti ritrovi  davanti a un falò giallo e arancione che da solo si oppone al nero della  campagna, un falò improvvisato a cui hai dato vita con una manciata di  tuoi biglietti da visita. Come se quella sera la tua identità fosse un  organo donato alle fiamme, un organo di cui non sai se puoi fare a meno  per più di una sera.
Gli arrosticini sono sulla brace da un pezzo, ma  è in fondo è così difficile vedere se sono cotti bene da ogni lato che a  un certo punto li prendi e li mangi tutti così come sono, perché c'è un  tipo di fame che non permette di attendere o di sottilizzare.
Lei, che passa un paio di notti l'anno, come fosse una stella cadente. 
Spingerla  contro quel muro dove è appoggiata e da cui mi sorride. Spingere il mio  corpo contro il suo come a soffocarla, come a soffocare anch'io.
Non per amore, ma per fame.
E  per desiderio. Per scoprire se è vera e quanto è profonda la voglia di  lei, che mi sorride ancora in quel modo, ora che gli anni sono aumentati  indebolendo il significato della loro differenza.
Spingerla contro  quel muro e diventare un respiro solo, cadere a terra e respirare ancora  insieme, come non ci fossero desiderio e bisogno maggiori, come fossimo  l'uno l'ultima aria per l'altro. Respirarsi, e scoprire fino dove  saprebbe spingersi, libera dagli sguardi delle finestre di un paese  dormiente, durante una notte in cui la luna è passata e tornano a  brillare le stelle ed il buio.
17.08.2011
mercoledì 23 novembre 2011
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