Il suono delle campane s'impone nella piazza, più grigia e silenziosa che mai.
E leggo, e ho un disperato desiderio di leggere altro.
E scrivo, e vorrei usare tutt'altre parole.
E non posso abbracciare che la strada bagnata. E questo lavoro.
Svegliarsi intontito in un mondo a metà, con la pioggia che va e viene perché in fondo nemmeno il cielo è troppo convinto. Ha tutta l'aria, calma e pesante, di quei giorni in cui sei a terra, spento e svilito. In cui provi almeno a convincerti di essere stabile, perché non c'è "a terra" più a terra di adesso.
Eppure un'ombra di sole ti spiazza, un colpo di vento ti bacia, e una foglia si stacca dall'albero e cade nel vuoto, davanti ai tuoi occhi. E mentre segui quel suo ultimo ballo, così come lei ti senti prossimo alla catastrofe, un ubriaco che barcolla su un filo sospeso.
Intanto ritorna la pioggia, e le campane fanno un altro intervallo.
E tu, con gli occhi che si sono aperi da poco, vorresti richiuderli e svegliarti in un giorno diverso.
domenica 4 dicembre 2011
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